Dalla Callas a Lady Gaga: il segreto per essere Diva
(dalla nostra corrispondente da Londra, Antonella Zangaro)
Il mondo ovattato delle prime dive create dalla storia era fatto di rare apparizioni pubbliche e di carriere costruite nei teatri. Alla fine dell’’800 le fotografie seppia raccontavano storie di talento e di evasione. Il museo della moda di Londra, il Victoria&Albert di South Kensington, in cinque anni di ricerche ha raccolto più di 250 oggetti per mettere in scena l’essenza delle dive nate sul palco, diventate regine del cinema muto ed infine le stelle scintillanti del mondo dello spettacolo contemporaneo. La mostra ‘Diva‘ è come una lettera d’amore, ci sono fotografie, ricordi, abiti di scena, video e canzoni lungo stanze che cambiano melodia ed intensità. Aperta fino al 7 aprile 2024, l’esibizione cerca di riportare al suo significato originario quel termine che l’inglese non ha tradotto dall’italiano ma che, col tempo, è deragliato nella direzione del capriccio più incontentabile, nel divismo sgradevole che pretende un trattamento speciale. La diva raccontata dal V&A e dalla curatrice della mostra, Kate Bailey, è quella dotata di un immenso talento, che ha saputo costruirsi un’immagine unica e sempre riconoscibile. Grazie a questa forza, in molti casi, ha anche combattuto per l’affermazione della donna in un mondo dove le regole erano dettate solo dai maschi e per questa e altre battaglie è diventata un’ispirazione per tante.
Si comincia con Adelina Patti che in Gran Bretagna era famosa come la regina Vittoria, (colei che insieme al principe consorte, Albert, ha creato questo museo). A lei, nel 1883, il dizionario Oxford si riferisce per la prima volta mutuando quel termine italiano per definire una strepitosa cantante e “prima donna”. Ma in lei c’era anche molto altro, ovvero una imprenditrice padrona della sua carriera e dei suoi contratti in un’epoca nella quale questa autodeterminazione era impensabile. In quegli stessi anni nel mondo brillava la stella di Eleonora Duse, tormentata da D’Annunzio, amata da Charlie Chaplin e James Joyce. Nel 1885 a Roma fondò la sua compagnia teatrale dove, da diva caparbia, giocava il ruolo di stella sulle scene e direttrice dietro le quinte. Una posizione di potere raccontata mentre le cuffie di design consegnate all’ingresso scandiscono le note di “Casta Diva”.
Il cambio di registro passa attraverso Maria Callas e l’abito sontuoso indossato nel 1952 alla Scala di Milano. C’è anche quello per l’ultima Tosca alla Royal Opera House di Londra nel 1964, diretta da Franco Zeffirelli. La Divina acclamata dal pubblico, condivideva le stesse sofferenze delle donne tradite e abbandonate dal grande amore, la lotta con la voce piegata dal dolore ed il corpo con le sue forme da contenere. Maria Callas è stata capace di raggiungere un posto sull’Olimpo, di cucirsi addosso la leggenda, salvo poi vivere dentro di sé le sofferenze di tutte le donne del mondo.<
Dal teatro al cinema, si ammira Lyda Borelli, prima diva del grande schermo (dove approda nel 1913), della moda e del “borellismo”, quello stile che portò sulle scene una sensualità languida da femme fatale. I saloni del museo londinese aprono le braccia ai giorni nostri con grandi effetti speciali. La fotografia, il cinema hanno moltiplicato e colorato le immagini, le dee del mondo dello spettacolo, camminando sui tappeti rossi, sono diventate oggetto di attenzioni ed intrusioni continue. La loro immagine è iconografica tanto quanto il loro talento.
La popolarità si conquista con le ali infuocate di Tina Turner, l’artista dalle gambe lunghissime e dal corpo rock che faceva vibrare ogni palcoscenico. Tra il pubblico del V&A, all’inaugurazione della mostra, c’era anche Bob Mackie, stilista oggi ottantenne, che nel 1977 disegnò per lei quell’abito dalle ali come fiamme.
Cher, voce e grinta in glitter, si ricorda portando lo sguardo all’insù mentre si cammina verso la parete dedicata al video in cui canta Madonna, proprio lì accanto a Elton John. Piume e scintillii per quel vestito bianco che il baronetto amico di Lady Diana ha indossato nel 1977, per il compleanno numero 50 ispirato a Luigi XIV. Tra le dive c’è anche Freddy Mercury in jeans succinti nel tour dei Queen del 1974. Non distante, la teca con il tubino nero di Marilyn – Sugar – Monroe in “A qualcuno piace caldo”. “Hollywood – diceva l’attrice – è il posto in cui pagano migliaia di dollari per un bacio e 50 centesimi per la tua anima”. La diva e, ancora una volta, il tormento e la solitudine.
L’abito in seta di Valentino indossato da Lady Gaga ai Golden Globe del 2019, con la miglior canzone Swallow scritta con Mark Ronson per il film “A star is Born”, segna un cambio d’epoca. Ecco una vera diva del 21esimo secolo che sa reinventarsi guidata dalla sua grande creatività ed ispirata dall’attivismo che si ribella alle convenzioni.
Accanto a lei, in questa terza sezione della mostra, Beyoncè, in copertina su L’Officiel nel 2011, indossa un copricapo per celebrare le regine africane e omaggiare Liz Taylor in Cleopatra. Ci sono tutti coloro che hanno toccato l’apice e da lì hanno sfidato le incrostazioni ferme sul fondo. Ogni rappresentazione di sé è la spinta per il cambiamento nella politica, nel sentire comune, contro le censure, il razzismo, la paura. Il talento, i costumi, la forza dell’arte ed il culto della personalità hanno creato miti che non sono più fini a se stessi perché le dive di oggi arrivano fin dentro ai cellulari, si raccontano sui social media, scelgono cosa vogliono essere e dove vogliono andare sospinte da milioni di seguaci che, pensando quasi di poterle toccare, credono di poter raggiungere l’Olimpo anche loro.