Libri, ‘Ucraina: grammatica dell’inferno’, Filippo Poletti racconta il grido di dolore delle profughe ucraine

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“Chiudo gli occhi e penso alla mia famiglia, ai miei figli prima di tutto e, poi, ai miei genitori. Il 24 febbraio 2022 è stato l’inizio della fine”. È la testimonianza di Caterina, una delle profughe ucraine scappate dalla guerra e ospitate nei centri di accoglienza di Fondazione Progetto Arca a Milano. Insieme a lei c’è Aliona: “Ogni volta che ‘inciampo’ in un telegiornale è come tornare al 24 febbraio 2022, quando la casa iniziò a tremare e una bomba cadde a poche vie da noi. Quel giorno è iniziato l’inferno”. Sono due delle voci femminili presentate dal giornalista Filippo Poletti nel libro ‘Ucraina: grammatica dell’inferno’ edito Lupetti.

La maggior parte dei profughi sono donne fuggite in Italia con i figli. Il volume, introdotto dal console generale d’Ucraina a Milano Andrii Kartysh, ricostruisce l’anno della ‘perma guerra’ o ‘guerra permanente’ scatenata in terra ucraina dalla Russia, alternando la cronaca dei fatti al ricordo doloroso delle profughe accolte nel capoluogo lombardo. A firmare le due prefazioni sono il presidente di Fondazione Progetto Arca, Alberto Sinigallia, e il presidente di Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali: insieme hanno unito le forze per realizzare l’hub di accoglienza di via Sammartini a Milano. La postfazione è stata scritta dal presidente del Centro Studi Esercito e docente di peacekeeping all’università Lateranense, Salvatore Farina, capo di Stato Maggiore dell’Esercito dal 2018 al 2021.

‘Ucraina: grammatica dell’inferno’ presenta le conseguenze che la guerra ha avuto sulla vita delle persone: più di 10 milioni, pari al numero degli abitanti della Lombardia, sono fuggite di casa, di cui 4,8 milioni registrate per la protezione temporanea in Europa e 5,4 milioni sfollate. Oltre 17 milioni hanno avuto bisogno di assistenza. L’Italia ha accolto 145.829 profughi, l’84 per cento donne e bambini. È un numero rilevante che, all’incirca, corrisponde alla popolazione di Foggia, Cagliari o a un decimo degli abitanti di Milano. Più del 60 per cento di loro ha trovato rifugio nel nord.

Nel 2022 al consolato d’Ucraina a Milano sono state presentate oltre 56mila pratiche con punte di oltre 500 al giorno. Tra di loro c’è Halyna: “Ho 36 anni: la notizia dell’attacco all’ospedale di Mariupol del 9 marzo 2022 mi ha spinto a lasciare il mio Paese. Ho pensato che se non c’era pietà per i bambini, che sono il futuro, non ci sarebbe stata neanche per me. Ho preso l’essenziale, chiuso la porta e sono scappata in Italia”.  Il libro descrive il tragico bilancio delle vittime civili: secondo l’ultimo dato diffuso il 13 febbraio dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, sono state18.955. “Se paragoniamo queste perdite a quelle registrate in 20 anni di guerra in Afghanistan – nota Poletti – scopriamo che il conflitto in Ucraina ha fatto più di un terzo di quelle conteggiate tra il 2001 e il 2021”. “Non so quale sia l’obiettivo della Russia: non so se voglia eliminare l’Ucraina, il popolo ucraino o la cultura ucraina, ma so di certo, e l’ho visto e lo rivedo tutte le notti nei miei incubi, che sta uccidendo tante persone”, confida Olena a cui fa eco Oksana: “Città che bruciano, persone che non hanno più nulla, corpi accatastati: non riesco più a guardare i telegiornali. Non riesco a vedere i miei connazionali e i luoghi del mio passato andare a fuoco. Così non ce la faccio”.

Il libro contiene 51 grandi racconti, i principali fatti della guerra in Ucraina (dalla strage di Borodyanka a quelle di Bucha, Irpin, Kharkiv, Kramatorsk, Mariupol e Zaporizhzhia) commentati dalle profughe tra i 33 e 50 anni, indicate con il solo nome di battesimo così da rispettare la loro richiesta di non diffondere il cognome e renderle riconoscibili: “In Ucraina lavoravano”, spiega Poletti, per anni firma delle pagine di cronaca di oltre 15 testate giornalistiche. “C’è chi faceva l’imprenditrice, chi l’ingegnere, chi la farmacista, chi la biologa, chi l’insegnante di danza, chi la traduttrice, chi la cassiera o la commessa, chi l’addetta alla reception.Il 24 febbraio 2022 hanno perso tutto”.

Come documenta Irina, mamma di Arina, danzatrice di 15 anni ospitata all’Accademia ucraina di balletto con sede in via Quadronno a Milano, con l’invasione russa la vita degli ucraini è cambiata in un istante e in pochi giorni la maggior parte degli abitanti di Kiev è dovuta fuggire: “Sparavano alle auto sulla strada e l’intera città era ferma ai posti di blocco. Per tre o quattro giorni siamo rimasti in casa e abbiamo sentito solo esplosioni, spari dalla strada e il rumore dei carri armati e dei mezzi corazzati militari che viaggiavano lungo le strade”.

A scaldare il cuore dei profughi è stata l’accoglienza ricevuta nel nostro Paese: “Grazie: questo è il primo pensiero che mi viene in mente. Grazie all’Italia e all’Europa che dicono di no, in tutti i modi, a questa guerra”, confida Giulia. Anche Aliona racconta la vicinanza del popolo italiano: “Solidarietà: ho sperimento e vissuto questa parola sulla mia pelle. Sono scappata passando da Leopoli e poi, tramite la Polonia, sono arrivata in Italia. Ho sperimentato la corsa alla solidarietà che, quando non hai più nulla, ti porta a sperare in una nuova umanità: un’umanità di vita e non di morte, di pace e non di guerra”. Da Natalia arriva questa proposta rivoluzionaria: “Se il mondo fosse in mano ai bambini, la guerra non esisterebbe. Sono un insegnante di una scuola materna che si trova vicino a Mariupol. Lavoro con i bambini da 18 anni: loro sanno che la guerra è brutta e che basta incrociare le mani e gli sguardi per fare la pace. Il mondo deve essere dei bambini”.

Dopo il libro intitolato ‘Grammatica del nuovo mondo’ dedicato alla pandemia, Poletti presenta la ‘grammatica dell’inferno ucraino’, ossia il ‘disciplinare dell’orrore dei nostri giorni’: “Purtroppo, la pace è un miraggio – conclude l’autore – occorre fare di più a livello internazionale, rinforzando il diritto internazionale, consolidando la sicurezza euro-atlantica e orientando la volontà di Paesi come la Cina e l’India a promuovere la fine del conflitto. Allo stesso tempo, dobbiamo continuare a prenderci cura dei profughi ucraini. Le donne, i bambini e gli uomini ucraini sono con noi, tutti i giorni, dal supermercato ai mezzi pubblici, nelle piazze come nelle vie: fanno parte della nostra comunità. Infine, bisogna continuare a tenere desta l’attenzione sulla guerra: tutti devono conoscere questo orrore, ascoltando le testimonianze di chi vive sulla propria pelle le terribili conseguenze della guerra”.

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