‘La Tosca’ di Giacomo Puccini per la Prima del Teatro alla Scala del 7 dicembre
Il 7 dicembre 2019 alle ore 18 Tosca di Giacomo Puccini inaugura la Stagione d’Opera 2019/2020 del Teatro alla Scala. Dirige il Maestro Riccardo Chailly, che prosegue la sua ricognizione del repertorio italiano e in particolare pucciniano. L’allestimento è affidato a Davide Livermore, che dopo il debutto scaligero con Tamerlano di George Friedrich Händel ha già collaborato con il M° Chailly per Don Pasquale di Gaetano Donizetti e Attila di Giuseppe Verdi per l’inaugurazione della scorsa stagione. Con lui la squadra formata da Giò Forma per le scene, arricchite dai video di D-wok e illuminate da Antonio Castro e da Gianluca Falaschi per i costumi. Protagonisti in palcoscenico Anna Netrebko, Francesco Meli e Luca Salsi. Nelle rappresentazioni di gennaio Tosca sarà Saioa Hernández, impegnata anche nella tournée in Giappone.
Tosca, presentata secondo la partitura della prima assoluta di Roma come documentata nell’edizione
critica a cura di Roger Parker per Ricordi, presenterà alcune significative differenze rispetto all’edizione corrente e costituisce uno dei momenti più attesi del progetto pucciniano con cui Riccardo Chailly riporta al Piermarini le opere del compositore di Lucca in letture che tengono conto delle ricerche più aggiornate: iniziato con Turandot con il finale di Luciano Berio, il progetto è proseguito con La fanciulla del West con l’orchestrazione originale di Puccini, Madama Butterfly nella prima versione (7 dicembre 2016) e Manon Lescaut nella prima versione.
Dopo le inaugurazioni con Giovanna d’Arco, Madama Butterfly, Andrea Chénier e Attila, Tosca conferma l’impegno del Maestro Chailly a riscoprire il repertorio italiano nella sua interezza. Questo progetto culturale va prendendo forma nel corso degli anni: accanto a Puccini si colloca l’approfondimento degli anni di svolta del percorso teatrale verdiano (Giovanna d’Arco, Attila, Macbeth), del Belcanto (La gazza ladra di Giacomo Rossini e Don Pasquale di Gaetano Donizetti) e del Verismo (Andrea Chénier), sempre con un’attenzione particolare alle opere presentate alla Scala per la prima volta.
Tosca andò in scena per la prima volta al Teatro Costanzi di Roma il 14 gennaio 1900 per la direzione di Leopoldo Mugnone. Il 17 marzo, Arturo Toscanini dirigeva il debutto scaligero con la stessa protagonista, Hariclea Darclée. La Tosca romana differisce dalla successiva (e definitiva) in otto interventi per un totale di un centinaio di battute. Complessivamente Tosca, osserva Roger Parker, è la più stabile delle opere di Puccini, quella che dopo una gestazione tormentata ha subito minori ripensamenti. Eppure queste poche battute, collocate in punti nodali della composizione, balzano all’attenzione dell’ascoltatore.
Nel dettaglio:
– cinque misure aggiuntive nel duetto Tosca-Cavaradossi del primo atto, con una frase di Cavaradossi marcata “con passione” in risposta alle parole di Tosca “Oh come la sai bene, l’arte di farti amare” (Cavaradossi: “Non è arte, è amore, è amore, è amore”. Tosca: “Sì, sì, ti credo…”)
– un diverso finale del Te Deum corale alla fine del primo atto;
– una versione più lunga della macabra preghiera di Spoletta alla fine della tortura di Cavaradossi;
– una riscrittura del famoso verso di Tosca “Quanto? Il prezzo”, in cui “Il prezzo” viene cantato e non
richiesto “quasi parlato” in tessitura più bassa;
– due misure aggiuntive alla fine di “Vissi d’arte” con intervento di Scarpia sulle parole “Bada, il
tempo è veloce!”;
– una versione assai più lunga della scena della morte di Scarpia e delle parole finali di Tosca: un
passaggio orchestrale di quattordici battute di stampo espressionista conduce alla frase “E avanti a lui
tremava tutta Roma”, non è parlata ma cantata su un do ribattuto. È inoltre posta in un punto diverso
dell’azione, all’interno della didascalia.
– una conclusione sensibilmente diversa per gli ultimi momenti dell’opera: dopo la morte di Cavaradossi Tosca riprende “col massimo strazio” il tema di “E lucevan le stelle” sulle parole “Povera Floria tu! O Mario, tu finire così!” mentre dopo le parole “O Scarpia, avanti a Dio!” l’orchestra presenta una ripresa integrale di “E lucevan le stelle”.
Parker invita a “Usare queste diverse varianti per aprire nuove prospettive sull’opera, riconsiderando
quale possa essere stato il suo effetto e quale la sua rilevanza fra i contemporanei. Siamo qui di fronte,
dopo tutto, a diverse declinazioni di alcuni dei momenti più iconici di una delle opere più iconiche
dell’intero repertorio. Ascoltarli come erano stati inizialmente concepiti, e come – in un universo
diverso – sarebbero potuti rimanere, ci incoraggia a ripensare al modo in cui l’opera pucciniana è venuta alla luce, a ripensare al modo in cui noi la conosciamo e la amiamo”.
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