Roberto Benigni e il sogno europeo: una lezione alla premier

Editorials

(di Maria Elena Molteni)

Nel suo appassionato intervento Il Sogno, Roberto Benigni risponde indirettamente a Giorgia Meloni, che ha contestato il Manifesto di Ventotene, simbolo della visione europeista. Mentre la premier si smarrisce in una visione miope della storia, la Rai manda in onda un capolavoro che incarna la democrazia nella sua essenza più alta. Benigni ci ricorda perché l’Unione Europea non è solo un’istituzione, ma un modello di speranza per l’umanità intera. Se l’Unione fallisce, fallisce l’intera idea di pace mondiale. E non è retorica, è un dato di fatto: con dieci miliardi di persone su un pianeta che non si espande, il futuro può essere solo di convivenza o di autodistruzione. Mentre Meloni si scaglia contro le idee di Altiero Spinelli e dei padri fondatori dell’Europa unita ( si, sappiamo bene le lacerazioni interne, non servono lezioni di storia), Benigni ci dice che il sogno europeo è inevitabile, che non è utopia, ma necessità storica. E, soprattutto, che spetta a noi insegnarlo ai nostri figli.

Questo il passaggio che lasciamo alla lettura e che non necessita di esegesi, tant’è limpido e autorevole.

“Non è un caso se chi scappa dall’Africa o da altri Paesi cerchi l’Europa. Non è che vanno in Russia o in Arabia Saudita, che è ricchissima. Vogliono l’Europa, sono attratti da noi, da questa nostra idea di pace, di libertà, di democrazia. Attratti dalla democrazia sono. Perché noi europei abbiamo fatto qualcosa di storico, di colossale. Abbiamo dimostrato concretamente che si può costruire una comunità democratica perfino tra nazioni che fino a ieri si sparavano addosso. E lo hanno fatto per secoli. È un esempio meraviglioso, che toglie l’alibi a chiunque altro. Nessuno può più dire, in Asia, in Africa, nel mondo: “Ecco, non si può fare, è utopico”. No, noi lo abbiamo fatto. C’è, lo abbiamo fatto ‘persino’ noi. Votiamo ogni cinque anni, noi che ci siamo sparati addosso fino a ieri. Per secoli. Con questa impresa ci siamo messi all’avanguardia. Stiamo facendo qualcosa qualcosa che nessuno ha mai avuto il coraggio e la fantasia di fare: un tentativo mai visto. Oggi noi europei siamo i pionieri del futuro, la ‘Silicon Valley della politica’. Questo è un valore che va oltre i confini nazionali, è una cosa mondiale, storica. E’ una responsabilità storica degli europei nei confronti degli altri popoli. E questa è una grande responsabilità, perché se noi falliamo nell’Unione Europea, se facciamo crollare tutto — e attenzione, perché ci sono persone, anche in Europa, che spingono in questa direzione, per fare crollare tutto e sono molte — noi togliamo all’umanità una speranza: “Ci hanno provato in passato e hanno fallito”. Se invece riusciamo a completare questo progetto, conferendo all’Unione Europea un vero e proprio governo unico, allora offriremo all’umanità la più grande speranza mai avuta nella storia: di potere costruire una democrazia pacifica tra i popoli. Ditemi se questo non è il grande sogno concreto dell’Umanità. E dico dell’umanità, sì, perché è chiaro di cosa sto parlando. Se non fosse chiaro, lo spiego con le parole che Victor Hugo pronunciò tanto tempo fa in un congresso sull’Europa: “Questo sogno è la pace universale, la cooperazione, la mediazione, l’unità al posto della guerra. Non può che essere così Ma io non mi fermo qui. Voglio andare oltre. Proviamo a sognare fino in fondo, a credere ancora di più in questa incredibile idea che potrebbe partire dall’Europa unita. Questo concetto di pace universale è possibile e fattibile? Quasi tutti risponderebbero “no”. Io, invece, rispondo “sì”, senza esitazioni. E vado ancora oltre: non solo è un obiettivo raggiungibile, ma è un obiettivo ‘inevitabile’. La guerra finirà per sempre! Si potrebbe pensare che stia esagerando. No, non esagero. Non è impossibile, anzi: è inevitabile. Non c’è alternativa, perché siamo tanti, troppi al mondo. Non può che finire così. Sapete che abbiamo superato gli 8 miliardi di abitanti e tra poco saremo 10 miliardi? Il pianeta è quello che è. La circonferenza della Terra è di 40.000 km all’Equatore e a questi 40.000 non se ne aggiungerà mai neanche uno. Mai. Quando 10 miliardi di persone vivono stipate su un pianeta così piccolo, che si fa? O si impara a convivere o ci si distrugge a vicenda, con le guerre, fino all’ultimo uomo, con tutte le armi disponibili, incluse le bombe nucleari. E allora? Cosa significa convivere? Significa vivere insieme sotto regole comuni, organizzare la convivenza. È chiaro, quindi, che non è un sogno impossibile. È il futuro. Una poetessa americana, Eve Merriam, ha scritto: “Sogno di dare alla luce un bambino che un giorno mi chiederà: Mamma, cos’era la guerra?”. Ecco, questo accadrà. Verrà il giorno in cui ci saremo dimenticati di cos’era la guerra. Il giorno in cui mostreremo un cannone, un carro armato, un Kalashnikov, una mina antiuomo, un F-16, una bomba a grappolo nei musei, come oggi mostriamo gli strumenti di tortura. Sarà così, perché non può che essere così. Quel giorno arriverà, e non ci vorranno secoli. Viviamo nella corrente rapida e impetuosa di eventi della storia dell’umanità: oggi, in un anno, percorriamo il cammino che un tempo avrebbe richiesto un secolo. Sapete che le nazioni del mondo spendono ogni anno oltre 2.000 miliardi di euro per il mantenimento degli eserciti? E che, negli ultimi ottant’anni, dopo la Seconda guerra mondiale, sono stati spesi 85 trilioni di euro in armamenti? Ora immaginiamo che i popoli, invece di diffidare gli uni degli altri e di odiarsi, si rispettassero, si volessero bene, andassero d’accordo. Supponiamo che avessero deciso che, prima di essere italiani, francesi, cinesi, russi, indiani, siamo uomini e che la nostra patria è il mondo. E allora, invece di spendere 85.000 miliardi di euro per sfiducia, spendeteli per fiducia. Questi mila miliardi dati all’odio, alla paura, diamoli all’amore, all’intelligenza , all’armonia, all’industria, alla sanità, alla scienza, all’arte. Immaginate il risultato: cambierebbe il volto del mondo . Vedete in quale cecità la paura della guerra fa cadere i governanti? Tutto questo deve finire. Dobbiamo incamminarci tutti insieme. Secoli fa, l’Inghilterra fece il primo passo con la Magna Carta, inventando il Parlamento e dicendo al popolo: “Siete liberi”. La Francia ha fatto il secondo passo con la Rivoluzione, dicendo al popolo: “Siete sovrani”. E ora tocca a noi. Noi europei, dobbiamo fare l’ultimo passo, tutti insieme e dire agli agli altri, al mondo: siete fratelli”.

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