Perdersi per ritrovarsi, lo slancio luminoso di Cesare Cremonini da Bologna all’Alaska (Recensione)
Cesare Cremonini è diventato grande. E non si tratta di una questione anagrafica. L’avevo lasciato, nel luglio del 2022, sotto gli abbaglianti riflettori del palco del suo “concerto dei concerti”, il mega show all’autodromo di Imola riflesso negli occhi (e negli schermi degli smartphone) di una distesa impressionante di 75mila fan festanti che hanno ballato e cantato un po’ di tutto della sua venticinquennale scintillante carriera.
(di Rossana Cuoccio)
ALLA RICERCA DI QUALCOSA
Quel ‘ragazzo sempre’, dall’energia cosmica e dall’emotività viscerale, me lo ritrovo oggi, decisamente cresciuto, in uno scenario totalmente opposto, antitetico, quasi lunare. Solitario, piumino pesante addosso, cappuccio in testa e respiro affannoso, Cesare cammina faticosamente nel buio più totale lungo le distese innevate e marmoree dell’Alaska solo con una fioca lanterna in mano. Sta cercando qualcosa.
“Sto camminando su un lago ghiacciato a 8.100 chilometri da casa. Cosa ci faccio nel cuore dell’Alaska? Aspetto l’aurora boreale. E fino a che lei non arriverà io non tornerò a casa”, sussurra la sua voce che spiega l’inedita inedita veste. E il passaggio da ragazzo audace e indiscussa stella del palcoscenico, a minuscolo viaggiatore perso nell’immensità della natura, spogliato da qualsiasi forma di esteriorità e in cerca del suo io bisognoso di una boccata d’ossigeno, è davvero un attimo.
IL DOCUMENTARIO E L’ALBUM
È così che si apre il documentario “Alaska Baby”, disponibile su Disney+, che racconta la genesi dell’omonimo album lanciato lo scorso novembre. Una tracklist, composta da 12 brani autobiografici, piena zeppa di quella luce, che Cesare si è andato a cercare lontanissimo da casa spingendosi oltre i suoi confini, fino ai luoghi estremi dell’Alaska. Durante il suo viaggio Cremonini non è solo cresciuto, è praticamente rinato. Quella luce abbagliante adesso è tutta lì, nel suo nuovo album, custodita come fosse un barattolo pieno di lucciole pronte a illuminare i momenti più bui. Perché, come dice lui, “scrivere è tornare dentro quella stanza arredata che hai dentro di te e che se non frequenti si riempie di demoni”.
IL VIAGGIO
Così l’esigenza di partire, di mettersi in discussione, di farsi quasi invisibile, lasciando spazio solo alle sue fragilità. “Credo che il vuoto dello scrittore sia un pieno di ego”, ha spiegato Cesare che decide di ‘spegnerlo’ per tornare a vivere l’intimità di sé stesso, preparando una piccola valigia e volando alla ricerca del sole che la sua Bologna nascondeva dopo 45 giorni di nebbia ininterrotta.
E così che il cantautore, dietro lo scuro dei suoi occhiali da sole inizia a raccontare, in una sorta di confessione della durata di circa mezz’ora, il suo viaggio in solitaria rendendosi conto di come nei momenti più critici della sua vita sia stata proprio una partenza a metterlo in salvo. Come quella, avvenuta 20 anni prima verso l’Argentina con il suo amico regista Giorgio John Squarcia dopo lo scioglimento dei Lùnapop. “Mi ritrovavo nella stessa situazione, dovevo ricominciare qualcosa e ho sentito che doveva esserci lui con me”. Cesare sceglie quindi ancora lo stesso amico che lo raggiunge dall’altra parte del mondo e con il quale, attraversando chilometri di strade e paesaggi mozzafiato, firma un documentario, diretto e montato da Ivan D’Ignoti, curatissimo nelle mastodontiche immagini.
Anche Giorgio è cresciuto. L’avevo lasciato sul set di Scherzi a Parte a inizi anni duemila, dove lui era autore e regista (e io comparsa!) e lo ritrovo quasi venticinque anni dopo, con una carriera alle spalle di tutto rispetto, seguire Cesare lungo il suo viaggio fisico e interiore, a scacciare ombre e nuvole.
LA LUCE
Cremonini arriva prima ad Antigua, alla ricerca del sole, poi viaggia verso Miami, Memphis, Nashville, ripercorrendo i luoghi dei suoi miti musicali Johnny Cash ed Elvis Presley, e infine: “It’s Alaska Baby!”. Da quell’esclamazione, pronunciata appena uscito dall’aeroporto di Anchorage, appunto in Alaska, dopo una bufera di neve che aveva ricoperto tutto di bianco, si riavvia il tasto on del suo percorso artistico e privato. Ad uno ad uno è come se si rimettessero insieme i pezzi del puzzle della sua vita. Sente che sta per arrivare la redenzione da quello che lo affanna e spaventa, ma manca ancora qualcosa, un segno, l’ultimo pezzo che completi definitivamente quell’incastro.
“A quel punto del mio viaggio ho capito che era arrivato il momento di tornare a sentire musica”. E da quell’istante la sua chitarra ha ricominciato a suonare (e il suo telefonino ha ripreso ad annotare, ovunque si trovasse, appunti di nuove canzoni).
LA REDENZIONE
Il pensiero è volato dritto alla sua Bologna, alla sua casa perché “Quando inizia a staccarti da casa inizia a ricordare”. E in particolare torna a uno dei suoi simboli più evocativi, più luminosi dal punto di vista spirituale, il santuario di San Luca a cui è dedicata la traccia numero sei del nuovo album in cui la sua voce e quella di Luca Carboni si fondono in una perfetta preghiera poetica e intimista che avvolge più di un abbraccio. Ed è un attimo immaginarsi a salire, passo dopo passo, portico dopo portico, verso la luce di San Luca.
Altro momento emozionante del progetto videomusicale è il racconto per immagini della genesi del brano ‘Aurore boreali’, nato da un messaggio di Elisa arrivato a Cremonini proprio mentre si trovava in tenda sul lago ghiacciato di Fairbanks in attesa del fenomeno naturale.
L’emozione di Cesare davanti a quell’improvvisa danza colorata apparsa nel cielo terso dell’Alaska mi ha quasi commossa e mi ha fatto pensare che, in fondo, lui è senza dubbio diventato più grande, ma i suoi occhi sono rimasti sempre quelli di un bambino incantato di fronte alla grandezza della natura. Forse è proprio quella fiammella di fanciullezza che resta accesa a sconfiggere il buio che talvolta fa sprofondare. Forse è proprio così che il cielo si illumina. Forse, ma una certezza c’è: la luce dell’Alaska non finirà.
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13 Gennaio 2025