‘Come donna, zero’ di Luisella Fiumi: cinquant’anni di sarcasmo e riflessione sulla condizione femminile
Leggere Come donna, zero di Luisella Fiumi, uscito nel 1974, esattamente cinquant’anni fa oggi rieditato da Neri Pozza, muove al riso e alla disperazione perché racconta della fatica sovrumana di una giovane donna – che non vuole essere una perfetta casalinga – per sopravvivere alla sua stessa famiglia, madre e persone di servizio incluse. L’autrice, donna brillantissima, giornalista per ‘Grazia’, scrittrice, racconta con piglio, ironia, sarcasmo (e amarezza) i suoi multipli ruoli di moglie, figlia, madre e (imperfetta) donna di casa nella Milano degli anni settanta.
Tacendo quello che le sta più a cuore, la donna con una vocazione e un lavoro. Moglie di Gaetano Tumiati, giornalista e inviato di successo, due figlie gemelle, una madre imperante, Fiumi descrive una quotidianità che assomiglia alla scalata dell’Everest. Luisella è naturalmente disordinata, distratta e disinteressata – anche per una tirchieria che confessa soavemente – a tutto ciò che di bello e nuovo può entrare in casa. Non si fa remore a comperare una pratica brocca di plastica verde quando quella di cristallo, l’ultima del corredo, si sbecca. Sogna piatti usa e getta, pediatri che vengano a visitare le sue gemelle senza doverli supplicare (alla fine lei si trasformerà nel medico di tutta la famiglia), e una collaboratrice domestica che non se ne vada alla prima rimostranza (arriverà a nascondere il Corriere dove comparivano ai tempi le offerte di lavoro!).
Nata a Milano e vissuta a lungo a Trieste, torna a Milano per guardarla con gli occhi di chi si è innamorata perdutamente del luccichio e del rumore del mare, che ricercherà a ogni vacanza. Se non fosse che il Bosi (soprannome del marito, sta per il boss) odia sia la luce sfolgorante del mare e ancor di più il suo sciabordare e le impone appartamenti in mezzo al verde e lontano dalla spiaggia. La ricerca di quest’aria triestina per Luisella è una costante: lamenta che Milano è una città chiusa a partire dall’architettura dei suoi palazzi, così grigi e austeri, e sempre più privi di balconi dai quali almeno si può scambiare un sorriso con i vicini. Ma a Milano nessuno si affacciava alle finestre, altro che conversare da una parte all’altra della strada. E men che meno qualcuno apre le finestre, l’aria di fuori è peggio di quella in casa.
Ma questa Milano veloce affascinava alquanto la madre di Luisella (il libro è zeppo di discussioni surreali e divertentissime tra le due) che scrive a proposito: “il miracolo economico milanese che non aveva per nulla arricchito mia madre, era però per lei uno spettacolo piacevole. Questo odore di denaro che aveva invaso anche il suo rione le appariva un profumo migliore di quello dei boschi di alta montagna, anche se lei non amava il denaro ma solo l’allegria che produceva a Milano (guadagnato e subito speso). Era soprattutto l’euforia dei costruttori di case e di grattacieli che le appagava l’occhio, la quantità di automobili, la stessa difficoltà di parcheggio che lusingava il suo campanilismo di ‘milanese da generazioni e generazioni’. Quando, chiamata dall’ufficio delle Tasse scopre che un suo ricorso era andato a buon fine e non doveva più pagare alcuna imposta, la madre si sentì defraudata della sua appartenenza a tanto sfoggio di futuro, “nemmeno la metropolitana che cominciava a scavare orgogliosamente sotto terra, le apparteneva più”.
Desiderosa di avere uno spazio per sé che non fosse quella casa immensa che doveva cercare di tenere in ordine altrimenti il Bosi l’avrebbe fatto per lei – buttando scontrini, lettere, appunti per i suoi articoli e vantandosi del risultato splendido splendente – Luisella arranca cercando di anticipare il Bosi come può. Supplisce alle mancanze della cameriera che non lucida le scarpe e nemmeno attacca i bottoni, detta i temi alla figlia che da scuola la chiama appena ha il titolo della prova, fa le iniezioni a tutti scegliendo anche i medicinali, tanto i dottori non vengono mai a casa. E tiene testa alla madre, “che voleva che noi imparassimo un mestiere extra-casalingo perché reagiva ai sistemi con i quali era stata allevata lei.” Un meccanismo collaudato quanto perverso. “Senti” mi disse un giorno mia madre, “devi fare qualcosa per giustificare questa tua distrazione. Te lo dico seriamente. Perché non prendi il premio Nobel?” Fiumi argomenta che non è come fare una passeggiata, ma la madre va avanti imperterrita, se non ce la fa per la letteratura almeno il Nobel per la pace! Insomma un fuoco di fila incrociato con al centro una donna che ammette una dopo l’altra le proprie debolezze, compreso un pessimismo che vaga dagli oggetti, alle persone, alle situazioni. E una timidezza congenita che la fa sembrare, in mezzo a famigliari risoluti e sfrontati, “un essere sbiadito e tremolante”. Questo “furibondo memoriale” (come in modo precisissimo lo ha definito Claudio Carabba) è anche un affresco di casa italiana borghese, di un’Italia che stava per farcela a diventare moderna, a furia di discussioni, di tentativi, di aspettative, di immani rilanci e fatiche fisiche. Gran parte delle quali passavano sul corpo, e i desideri, delle donne. Luisella Fiumi, una di noi.
PS In contemporanea con l’uscita di Come donna, zero, è arrivato in libreria il romanzo-memoir di Francesca Tumiati, figlia di Luisella, Un’allegria di troppo (Feltrinelli). Francesca è la gemella nata dopo venti minuti, così diversa da Anna, la secchiona di famiglia. Luisella dopo il matrimonio di entrambe le figlie, se ne andò per sempre. Dice Tumiati in un pezzo per IODonna, con cui collabora tenendo la rubrica degli astri, “quando il bisogno di verità e l’insofferenza per la mia vita da cinciallegra è diventata urgenza improrogabile, ho iniziato a scrivere. Mi ha spinto il desiderio di riportare al mondo mia madre, parlare con lei e placare un affanno ancestrale.” Da leggere, per chiudere davvero la storia.
Lunedì 13 gennaio alle ore 18 presso il Teatro Menotti (via Menotti 11) si terrà la presentazione di “Come donna, zero” di Luisella Fiumi (Neri Pozza) con Giulia Perona (giornalista e podcaster di ‘senzarossetto’) e Francesca Tumiati, figlia di Luisella e autrice di “Un’allegria di troppo” (Feltrinelli) Commovente romanzo-memoir dedicato alla madre.