Il Mohicano incontra Giangilberto Monti: omaggio a Dario Fo al Teatro Gerolamo

Last Updated: 2 Ottobre 2024By Tags: , ,

MilanoMusica

Il Mohicano: Di cose da dire ce ne sono tante, Giangilberto. Partirei dal teatro, prima ancora che dal soggetto dello spettacolo. È un ritorno al Teatro Gerolamo per te, un gioiello milanese che si presta a eventi particolari. Com’è il tuo rapporto con questo spazio così speciale?

Giangilberto Monti: È un grande onore. In questo teatro, circa sessant’anni fa, debuttò lo spettacolo “22 Canzoni”, con la regia di Fo, che lanciò Enzo Jannacci. Quindi c’entra tantissimo raccontare la storia di Dario Fo proprio qui. Il Teatro Gerolamo, infatti, è un luogo particolarmente adatto per narrazioni musicali come quella che sto portando in scena. Inoltre, qualche mese fa, nella stagione scorsa, ho presentato qui uno spettacolo sulla storia della canzone francese, che è un altro dei miei grandi amori.

Per questa occasione, abbiamo deciso di adattare lo spettacolo al Gerolamo. Solitamente, lo spettacolo con omaggio a Dario Fo era stato pensato per una produzione più ricca, con una band al completo e immagini proiettate. Qui, invece, faremo una versione ridotta, con musicisti selezionati e quasi senza amplificazione, come si faceva una volta. Solo la mia voce sarà amplificata, ma gli strumenti no. Sarà tutto un po’ più “senza rete”, come si dice, un’esperienza più intima.

Il Mohicano: Lo spettacolo si chiama “Le canzoni del signor Dario Fo”, omonimo del disco che hai registrato con Paolo Tomelleri. Quali sono le scelte musicali che hai fatto e cosa vuoi restituire al pubblico di Fo?

Giangilberto Monti: Ho seguito tre grandi filoni. Il primo è legato al Dario Fo degli inizi, con Fiorenzo Carpi, e rappresenta l’inizio della sua carriera teatrale con le farse e le commedie degli anni ’50 fino al 1962. Poi c’è una seconda parte incentrata sull’incontro con Jannacci e quella fase più musicale. Infine, la terza parte riguarda il periodo più impegnato socialmente di Dario, con canzoni come “Barberia”. Lo spettacolo segue un percorso cronologico che traccia l’evoluzione del suo stile, e per me è anche un omaggio al mio maestro scenico, perché ho lavorato con Dario e Franca negli anni ’80.

Il Mohicano: Com’è stato collaborare con Dario Fo e Franca Rame? Cosa ti hanno lasciato artisticamente e umanamente?

Giangilberto Monti: Franca Rame mi diceva sempre, prima degli spettacoli: “Tu ora non capisci quello che stai facendo, ma un giorno ti tornerà tutto utile.” E aveva ragione. Con i maestri è così: impari molto, ma poi devi distaccarti per trovare la tua strada. Io volevo disperatamente lavorare con Dario, lo tampinai per un anno intero. Alla fine mi accolsero e lavorai con loro per una stagione. Quello che mi hanno insegnato va oltre l’arte, mi ha formato anche come persona.

Il Mohicano: C’è un aspetto che ti sorprende nel modo in cui Milano ricorda Dario Fo?

Giangilberto Monti: Trovo ci sia una grande frattura. A Milano si celebrano tanto personaggi come Gaber e Jannacci, ma Dario Fo sembra quasi scomparso dalla memoria collettiva. Eppure, all’estero, Dario è il nostro autore più rappresentato, celebrato come un maestro e Premio Nobel. In Italia ci siamo accorti della sua grandezza solo quando ha ricevuto il Nobel. Anche oggi, la stampa lo definisce divisivo, come se questo fosse un difetto. Ma Dario Fo aveva idee chiare e un concetto forte del mondo. E questo fa paura.

Il Mohicano: Parlavi del rapporto tra Dario Fo e la musica. È un aspetto meno conosciuto, ma importante. Com’è nato il progetto del disco?

Giangilberto Monti: Il progetto è partito come un libro, ma l’idea delle canzoni di Dario Fo sembrava quasi irrilevante per molti editori. Poi, quando sono andato alla fiera del libro a Francoforte, gli editori tedeschi hanno chiesto notizie su Dario Fo cantautore, e solo allora hanno capito l’importanza del progetto. È incredibile come, a volte, ci si renda conto del valore di qualcosa solo quando arriva un riconoscimento dall’estero. Ho finito di scrivere il libro proprio il giorno in cui Dario è morto. È stata un’esperienza emotivamente forte per me.

Il Mohicano: Lo spettacolo che presenterai al Gerolamo è una versione rinnovata di uno spettacolo precedente, giusto?

Giangilberto Monti: Sì, la prima versione risale al 1999, ed era un progetto con Laura Fedele. Andai da Dario e Franca per chiedere la loro approvazione sulla scaletta delle canzoni. Lui aveva appena vinto il Nobel, quindi era un periodo caotico, ma trovò il tempo per rivedere tutto e dare il suo parere. Fu un momento importante per me, e lui mi disse: “Canta, canta che queste canzoni sono bellissime.” Quel supporto mi ha dato molta forza.

Il Mohicano: Lo spettacolo sarà arricchito anche da proiezioni e momenti parlati, giusto?

Giangilberto Monti: Esatto, ci saranno immagini proiettate che aiutano a mantenere la spettacolarità dell’evento. Ma è soprattutto una narrazione musicale, con parti che ho scritto personalmente e altre ispirate al radiodramma che ho realizzato per la Radio Svizzera. La Svizzera, negli ultimi anni, mi ha dato molto spazio per realizzare progetti che in Italia sarebbero stati più difficili da concretizzare.

Il Mohicano: C’è anche un altro progetto in arrivo dopo questo spettacolo?

Giangilberto Monti: Sì, a metà ottobre uscirà un progetto che ho realizzato con la Radio Svizzera su Franco Califano. È un disco-radio dramma molto particolare, di cui parlerò più avanti, ma è un altro esempio di come la mia ricerca artistica si spinga sempre oltre, cercando di raccontare storie in modi nuovi.

Il Mohicano: Grazie, Giangilberto. Ci vediamo al Teatro Gerolamo il 9 ottobre.

Giangilberto Monti: Grazie a te!

Condividi questo Articolo