Esce il libro ‘Marcello Mastroianni. Il divo gentile’ di Barbara Rossi
“Non vorrei apparire snob, ma apprezzo molto il termine che usano i francesi: per dire ‘recitare’ loro dicono ‘jouer’ che in italiano sarebbe ‘giocare’. Questo è un mestiere meraviglioso: ti pagano per giocare”. Così asseriva, parlando del suo rapporto con il mezzo cinematografico, Marcello Mastroianni, “il divo gentile”, come viene raccontato da Barbara Rossi nel volume, edito da Gremese e ora in libreria. Scritta in occasione del centenario della sua nascita, la biografia ripercorre l’esistenza e la carriera artistica di Marcello Mastroianni con lo sguardo attento del critico ma anche con l’amorevole attenzione di chi vive un meraviglioso viaggio fra tempi, stagioni cinematografiche, affetti e amori diversi ma pur sempre esaltanti. Tra gli attori più conosciuti al mondo, Mastroianni ha interpretato oltre 140 film dei generi più diversi: dalla commedia sentimentale al dramma, dalla satira di costume al film storico, dal thriller al grottesco. Consacrato internazionalmente da La dolce vita (1960) e 81/2 (1963) di Federico Fellini – sorta di suo alter ego cinematografico –, nel corso di cinque decenni Mastroianni ha dato prova di un talento poliedrico che accende la recitazione di sfumature e sottotoni. Lo testimoniano film amati e celebrati come Il bell’Antonio (Bolognini, 1960), Matrimonio all’italiana (De Sica, 1964), Dramma della gelosia (Scola, 1970), La grande abbuffata (Ferreri, 1973), Una giornata particolare (Scola, 1977), La città delle donne (Fellini, 1980), Ginger e Fred (Fellini, 1985), Il volo (Anghelopulos, 1986), Oci ciornie (Michalkov, 1987), Il passo sospeso della cicogna (Anghelopulos, 1991), Sostiene Pereira (Faenza, 1995), fino all’ultima, struggente interpretazione teatrale di Le ultime lune (1996), suo definitivo congedo artistico. Con l’idea che la memoria – come ricordava lo stesso Mastroianni in Viaggio all’inizio del mondo di Manoel de Oliveira (1997), sua ultima apparizione sul grande schermo – alla fine è ciò che dà senso sia al vivere che al recitare; e che a scandire il tempo è sempre, come cantava Rabagliati nella memoria di Marcello ormai anziano, “l’orologio del cuor”.