Barbie: 65 anni di icona pop al Design Museum di Londra
Quando Ruth Handler ritenne che alla bambine sarebbe piaciuto giocare anche con una mini ‘Teen Age Fashion Model’ oltre che con i bambolotti creati per appagare (o svilupparne) il senso materno, non fu facile convincere gli uomini ai vertici dell’azienda Mattel.
Barbie, icona pop del pluralismo post moderno
Non serve molto, una volta entrati al Design Museum, per capire che la bambola – fashion model riflette il tempo in cui è stata creata e poi reinventata, tanto quanto lo stile che ha generato. Barbie è il frutto più pop del pluralismo post moderno, è flessibile e si adatta ad ogni tendenza facendola sua. ‘Timily and Timeless’, la bambola che ha pescato a piene mani nel mondo della moda non è un fenomeno di fast fashion, ma una produzione di massa che resta nel tempo e crea nuove ambizioni. Il rosa è la sua cifra ed il primo indizio per entrare nel suo universo, ma dagli anni ’60 ad oggi molto è cambiato. La società pluralista e multicolore ha generato Barbie sempre meno bionde e snelle per mettere nelle mani delle bambine di tutto il mondo delle proiezioni credibili e calzanti di se stesse, delle loro aspirazioni e dei loro sogni.
La proiezione delle ambizioni delle bambine
Dalla bambola “mamma perfetta” che spinge una carrozzina bianca piena di pizzi con dentro una mini Barbie bebè degli anni ’60, si arriva a quelle libere e volitive, campionesse di atletica, scienziate, presidenti degli Stati Uniti e astronaute. Non ci sono limiti alle ambizioni delle bambine che non sono più solo ciò che l’immaginario collettivo si aspettava da loro, non sono solo mamme accuditive pronte a svolgere quel ruolo, ma sono anche donne attive nella società, tante Barbie di tutti i colori e con tutte le forme, tutte determinate a realizzare i loro sogni. Questo è il motivo che nel 2021 spinse l’ESA, l’agenzia spaziale europea a portarne una nello spazio insieme a Samanta Cristoforetti, mentre il mondo era chiuso in casa per il Lockdown. Un messaggio fortissimo arrivava dalla navicella spaziale in orbita ed era rivolto a tutte le bambine e a tutti i bambini ai quali era stato negato il presente, per invitarli a non smetter di sognare un futuro in grande; per essere le prossime generazioni di “astronauti, ingegneri e astrofisici”.
Le strategie di Marketing risultate vincenti
Poi c’è il marketing e la necessità di vendere tutto il mondo che sta intorno a Barbie e a Ken, sì perché una piccola menzione se l’è guadagnata anche lui. La casa dei sogni di Barbie, nelle sue evoluzioni, è passata da quella di cartone con l’ascensore giallo creata negli anni ’70 alle ville di plastica colorate con il tetto a punta arrivate dopo. C’è il camper (e chi non se lo ricorda), la Ferrari e la 500; i vestiti, le scarpette e gli stivali. Oltre 300 accessori sempre rinnovati per creare un oggetto inclusivo e mai destinato a tramontare. Così è stato creato l’universo dei desideri del mondo dei giocattoli bambini insieme a quello ben più remunerativo degli adulti. Dagli anni ’80, Barbie è diventata oggetto di culto per i collezionisti disposti a pagare cifre folli per averne una con i diamanti di De Beers o una a tiratura limitata del 1959.
Barbie è un oggetto di design?
Il Design Museum ha cercato di restare nell’ambito dell’analisi e del racconto della società attraverso i suoi oggetti di design più rappresentativi mentre spiega perché la mostra sulla bambola di 29 cm circa si trova ad occupare uno spazio di primo piano, come quella dedicata ad Enzo Mari. Ma questa è la cultura pop ed in fondo, non si può non ammettere che Barbie, la sua forma e le sue evoluzioni di spazio ne hanno guadagnato parecchio.