Di una ‘Fragile bellezza’ le foto più amate da Elton John. In mostra a Londra

Arte

L’immagine che viene subito in mente è questa: la casa di Elton John con le pareti nude e magari i segni anneriti delle cornici rimosse dai muri. La ragione? 300 fotografie della sua collezione privata sono state dislocate nella più grande mostra fotografica, della collezione privata dell’artista, che sarà aperta il Victoria&Albert Museum di Londra fino al 5 gennaio del 2025.

NESSUNA AUTO CELEBRAZIONE

Sir Elton John e suo marito David Furnish sono grandi collezionisti di arte e le oltre 7.000 immagini del loro immenso patrimonio, sorprendentemente, non rappresentano una auto celebrazione delle performance accumulate durante la carriera di concerti. Contrariamente a quanto si possa immaginare, la collezione raccoglie scatti dei più grandi fotografi e dei loro immortali soggetti scelti tra il XX ed il XXI secolo. Questi sono i fatti ed i numeri, ma ciò che rende davvero spettacolare questo evento è il pensiero che sta dietro alla accurata selezione, quel crescendo di emozioni, sorprese e schiaffi in faccia che la sequenza infinita di immagini esposte sa generare.

Robert Mapplethorpe, Self Portrait, 1985 © Robert Mapplethorpe Foundation.

FRAGILE BEAUTY

Il titolo, scelto e voluto da Elton John personalmente, è Fragile Beauty, bellezza fragile e dietro a queste parole c’è tutta la potenza delicata e poi via, via graffiante del crescendo che si estende lungo le tante sale occupate al piano sotterraneo del museo. Il benvenuto lo dà una foto che vuole mettere su immagini l’ispirazione che sta dietro al percorso, che non perdona e non concede nulla. Ronald Fischer, apicoltore, è ricoperto di api e a chiedergli di resistere, di non muoversi e di non sorridere è il fotografo Richard Avedon. Il soggetto rimediò quattro punture ma la relazione tra arte, bellezza e sofferenza era stata assicurata.

SI PARTE DAGLI ANNI ’50

Il ritratto in bianco e nero apre la mostra portando la scena lungo la prima serie di immagini belle, grandi classici che sembrano quasi tutti “già visti” anche se in realtà così non è. Si parte con gli anni ’50, quando i divi di Hollywood e le star della musica erano i soggetti preferiti e nella fotografia c’era la ricerca di una persona dietro una icona, di un momento dietro le quinte che affascinasse chi l’osservava, umanizzando chi veniva immortalato, per un attimo, giù dall’Olimpo.

Tom Bianchi, Untitled, 368, Fire Island Pines, 1975-1983 © Tom Bianchi, courtesy of Fahey Klein Gallery, Los Angeles

I BEATLES, ELVIS E BOB DYLAN

Ci sono i Beatles, uno ad uno, Elvis e Bob Dylan, Frank Sinatra al mare che sorride circondato dalla sua scorta. Si viene rapiti dalla meraviglia dello scatto di Avendon che spoglia Nastassja Kinski, la stende sul fianco mentre un pitone gigante la avvolge e sembra che col muso voglia baciarla, a morte. Questo è soffrire per ottenere la bellezza dell’arte, anche quando è crudele e al tempo stesso, far soffrire gli altri per generare la propria arte, come la povera Elisabeth Siddal, modella amata dai preraffaelliti che per Millais si ammalò e morì dopo aver posato nelle acque gelide della inconsolabile Ofelia. Helmut Newton sceglie invece Elsa Peretti e la veste (poco) da coniglietta mettendola in piedi sullo sfondo di New York, mentre si appoggia sul davanzale della sua terrazza tra i grattacieli. Da qui cominciano le foto della moda, quelle selezionate da Sir Elton John, quelle che hanno cercato di cambiare l’atteggiamento e la percezione dei modelli di sessualità e di genere.

L’AMAREZZA DI MARILYN

E da qui la forza della provocazione prende vigore in un crescendo che concede un sollievo solo con la faccia in primo piano di Miss Piggy, di Norman Parkinson, a sbeffeggiare tutti. Arriva l’amarezza con lo scatto di Marilyn Monroe, sempre di Avendon, e l’ultimo di Bert Stern per Vogue, due mesi prima che morisse. Ci sono la solitudine ed i tormenti che accompagnano la visita mentre si volta pagina per entrare nella dimensione colorata ed accesa delle forme maschili nella loro massima, omo-erotica, esaltazione. Scene contorte ed esplicite.

David LaChapelle, Elton John, Egg On His Face, New York, 1999 © David LaChapelle

LA PASSIONE PER IL FOTOGIORNALISMO

La mostra inizia accarezzando l’armoniosa venerazione dei divi di ieri per finire con la passione di Elton John per il foto giornalismo. L’immagine più toccante e graffiante è piccola, sta lì ad altezza occhi e riporta ad un giorno che nessuno potrà dimenticare. Il corpo a testa in giù, la gamba piegata e le braccia arrese dietro la schiena dell’uomo che vola giù dai grattacieli per salvarsi dalle fiamme scegliendo l’aria per morire. E’ un tuffo al cuore forte. Fa male. Lo scatto è di Richard Drew e tiene in sé tutto lo shock dell’11 settembre 2001.

UNA MEMORIA COLLETTIVA GLOBALE

Questa è la prova definitiva del fatto che le foto siano scelte dal gusto personale di Elton John e di suo marito, ma è anche la conferma assoluta di come le immagini raccolte appartengano alla memoria collettiva globale e per una volta escono da uno schermo e stanno affisse su una parete così da rendere la loro voce più forte e la loro potenza più dirompente.

Condividi questo Articolo