Fiammetta Palpati, il romanzo d’esordio è il caso editoriale del momento
Rifiutata per sette anni da diversi editori, “La casa delle orfane bianche” è il brillante esordio di Fiammetta Palpati, proposto allo Strega 2024. Un esito felice del quale si deve molto al fiuto di Giulio Mozzi che cura la collana di narrativa sperimentale fremen per Laurana Editore, dove Palpati, finalmente è approdata. L’autrice, laureata in Letterature comparate, vive ad Amelia nella campagna umbra e scrive, e insegna, di paesaggio e letteratura. Sarà a Milano sabato 23 marzo invitata dalla libreria Noi a Nolo (via delle Leghe 18, Metro Pasteur).
Una comune improvvisata di madri e figlie
A condurci in un paesino arroccato dell’Umbria, più o meno ai giorni nostri, è un narratore-regista che apre il sipario sulla vita di tre donne di mezza età con madri molto anziane e molto problematiche. La casa in cui decidono di andare a convivere per gestire al meglio la situazione, è quella di Natàlia (e di sua madre Pina, accumulatrice seriale) che fa la restauratrice in mancanza di altre aspirazioni. La raggiungono Germana, sigaretta fissa in bocca con la sua Adele, la peggio messa, e Lucia, insegnante, con Felicita pazza di cruciverba. Le tre per prima cosa sistemano la casa per la nuova destinazione d’uso, e Palpati, che è una grande esperta di paesaggi, anche urbani, ci porta sopra e sotto le scale, dentro e fuori l’uscio (confine ideale di
questo mondo al femminile), nel ripostiglio dove si sta frollando un’oca e nel giardino dove un glicine dice che è quasi Pasqua. Ma non è impresa facile improvvisarsi cuoche e infermiere a tempo pieno, così le figlie decidono di ingaggiare una badante. Che arriverà, non senza essersi fatta aspettare.
La soluzione agognata assomiglia a una suora
Ma nulla è quel che sembra e la suora che varca la soglia, grassa, vecchia e male in arnese pure lei, non solo si dimostrerà inadatta al ruolo, ma innescherà un cambio di prospettiva del tutto imprevedibile. Di cosa parla davvero questo romanzo che pare una pièce teatrale? Di madri e figlie diremmo, della cura che è un tema sempre più ineludibile nella nostra società, di cosa si consuma nelle famiglie sino a consumare chi le compone, di ruoli che si rovesciano, basta un attimo, di corpi che pesano o si svuotano. Certo, ma allora che c’entrano con tutto questo le pagine dedicate all’eviscerazione certosina di un’oca? Come si incastra la cronaca del bagno purificatore della suora? E il ricordo struggente della vacanza di Germana
bambina con il suo papà in una pensioncina di mare? E il cane Laica alle prese con una damigiana?
Un romanzo moderno e dunque senza redenzione
Palpati non sceglie un momento clou, ci tiene svegli dall’inizio alla fine, ribalta continuamente le nostre aspettative, prende tempo portandoci di stanza in stanza, spericolata e sicura. E la fine, come nella letteratura che si rispetta, conclude ma non risolve e apre di nuovo, con promesse che chissà se la vita riuscirà a mantenere. Con una scrittura vorace, che mescola ironia e tragedia, onomatopee da fumetto e poesia lirica, tecnicismi iper-specialistici ed espressioni parlate, dialettali, addirittura volgari, alla ricerca della massima precisione e del massimo effetto. A conferma che il bello del romanzo è che ricomincia sempre da capo. Con parole sempre nuove.
Fiammetta Palpati, “La casa delle orfane bianche”, Laurana, pagg. 376, Euro 19,00