La casa londinese di Handel e Hendrix vive e suona di nuovo

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(dalla nostra corrispondente da Londra, Antonella Zangaro)

Cosa avevano in comune Frideric Handel, compositore del ‘700 e Jimi Hendrix? Popolarità, successo, entrambi amati ed apprezzati dai loro contemporanei e tutt’ora indimenticati. Eppure, sebbene abbiano attraversato pezzi di storia e percorsi molto lontani, i loro destini si sono intrecciati, a 200 anni di distanza, quando un filo comune li ha portati a Londra.  Sotto lo stesso tetto, nella stessa casa, o almeno così ha creduto che fosse, Hendrix quando la sua fidanzata Kathy Etchingham, rispondendo ad un annuncio, ha preso in affitto un piccolo appartamento al numero 23 di Brook Street, nel centro di Mayfair.  Vicini di casa erano i Bee Gees.

Hendrix arriva dall’America a Londra nel 1966, grazie a Chas Chandler, ex del gruppo Animals, che lo ha scoperto diventando l’agente che lo ha lanciato in UK per poi farlo esplodere in patria. Hendrix e Kathy, conosciuta a Londra il primo giorno in cui mise piede in città, dividevano l’appartamento di Chandler, ma dopo una lite furono costretti ad andarsene, trovando la casa di Handel libera in Brook Street dove, dal 1968 al 1969 quando era già una star, Hendrix ha trascorso un anno della sua vita; Handel, visse lì 26 anni, fino al 1759, anno della sua morte. Due expat, come si direbbe oggi, due stranieri accolti da Londra, prima che la Brexit storcesse il naso alle frontiere di ingresso; due grandi artisti che in quella zona elegantissima del centro hanno aperto le loro porte a musicisti e appassionati, trovando nella metropoli britannica stimoli creativi e grande ispirazione.

Hendrix ha definito quella parentesi londinese come l’unica nella quale si sia sentito veramente a casa, in una casa tutta sua. L’appartamento, già all’epoca, costava 30 sterline a settimana, era distribuito su più livelli e nelle piccole stanze si raccoglievano gli amici per jam sessions, per bere Mateus rosè, il vino portoghese preferito da Hendrix e fumare, fumare, fumare. La stanzetta al piano di sopra era nella disponibilità di George Harrison, mentre ai piedi del suo letto si accovacciavano Eric Clapton, John Lennon e Mick Jagger. Si ordinava da mangiare, bistecche e patatine fritte al ristorante sotto casa, da Mr Love, si scrivevano appunti e strofe, si sentiva il telefono squillare in continuazione.  Raccontano le cronache che Hendrix distribuisse il suo numero a chiunque e per questo la linea fissa di casa squillava senza sosta al punto da spingere Kathy, esausta, a prendere un secondo telefono con una seconda linea per isolare quello preso d’assalto.

Il progetto Hallelujah, dopo 18 mesi di restauro ed un investimento di 3 milioni di sterline da donazioni private, oggi permette al pubblico di entrare in quelle stesse stanze, guardarsi intorno tra i pezzi di arredo che Hendrix e la fidanzata, che oggi vive in Australia, avevano comprato insieme ai grandi magazzini John Lewis, ancora lì, a breve distanza. Il letto, i cuscini, le tende e oggetti presi qua e là nei mercatini dell’usato in Portobello Road. Ci sono i suoi appunti, i suoi fogli, la sua chitarra, immagini dell’epoca e i dischi della sua collezione: 100.  Gli album di Bob Dylan sono tra i più consumati; Hendrix amava il jazz, il folk e adorava il blues che rappresenta un terzo della sua collezione: Muddy Waters, Lightnin’ Hopkins, John Lee Hooker e Howlin’ Wolf.

E poi c’è Messiah di Friederic Hendel. Roger Mayer ricorda che Jimi aveva comprato gli LP di musica classica in Oxford Street, da HMV e durante la preparazione dell’album Axis: Bold as Love, i due ascoltavano ripetutamente Handel cercando di ricreare quell’emozione, quella dinamica musicale. La stessa che si può trovare oggi in quel museo vivo che è la casa al 23 e 25 di Brook Street, quando vengono organizzate jam sessions per chitarristi nella stanza che fu di Hendrix, concerti e talk nel salotto che fu di Handel. Ma, seguendo l’irrefrenabile passione per il cibo del compositore tedesco, anche corsi di cucina settecentesca. Saranno debitamente evitate le ricette a base di orecchie di agnello, tanto in voga all’epoca, mentre non mancherà il Mateus rosé preferito da Hendrix.

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