Al Museo civico di San Domenico ‘L’arte della moda’
(di Giulia Rossi)
Giacomo Leopardi l’aveva considerata sorella di Madama Morte, la Moda, riconducendole entrambe a madre Caducità, volte al deperimento dell’uomo. Al Museo di San Domenico di Forlì i quattro curatori Cristina Acidini, Enrico Colle, Fabiana Giacomotti e Fernando Mazzocca l’hanno invece nobilitata ad arte, cogliendone ogni sfumatura “nelle età dei sogni e delle rivoluzioni 1789-1968” come recita il sottotitolo. Una mostra unica e talmente ricca che una volta terminato il percorso espositivo viene voglia di riprogrammare un’altra visita, perché si percepisce la netta sensazione di non aver colto tutto. E in effetti il problema – che in realtà più che un problema è una grande opportunità per i visitatori – è l’aprirsi continuo di nuove finestre di curiosità disseminate lungo i tre piani che tra quadri, sculture, abiti e accessori esposti contano oltre 300 opere.
Si parte dal Settecento con la Rivoluzione Francese, per poi passare al Romanticismo, la Macchia, l’Impressionismo, il Simbolismo e le Avanguardie novecentesche, solo per citare alcuni momenti che tra gli spazi del museo forlivese non solo si vedono esposti, ma si cercano di comprendere nel profondo, attraverso un aspetto, spiace dirlo, ancora oggi in Italia quasi inedito. Sono poche ancora infatti le esposizioni che mettono la moda al centro non solo come una galleria statica di pezzi d’archivio, ma come elemento dinamico in grado di spiegare un’epoca. Al Victoria & Albert Museum di Londra e al Metropolitan di New York queste parole sembrerebbero ovvie e obsolete, ma non troppo lo sono invece in un paese che da decenni discute, perdendo tempo, di dove collocare il museo della moda. Opportunità perse, una dietro l’altra, per portare la storia all’oggi, farla vivere e conoscere alle nuove generazioni e così proiettarle verso il futuro.
L’Italia rimane al centro di uno scenario internazionale che colloca la moda nel nostro paese a fianco dell’arte, come espressione di buon gusto, come senso della bella figura. In molti gli studenti che scelgono le nostre università e i corsi internazionali offerti, per conoscere questo affascinante mondo. Iniziative come la mostra “L’arte della moda”, a Forlì fino al 2 luglio, contribuiscono ad alimentare un circolo virtuoso che si auspica in costante crescita, non solo per quanto riguarda i dati economici delle aziende, ma per l’inclusione della moda nel patrimonio culturale italiano. Un percepito che va sistematizzato e valorizzato, come fa questa mostra.
I curatori hanno messo in dialogo diverse forme d’arte per accompagnarci a capire come l’identità, o meglio le identità collettive, sono nel tempo cambiate, cosa ha provocato scandalo, chi erano i personaggi del passato capaci di creare tendenze, non attraverso un post, ma ad esempio attraverso un dipinto. Sarebbe impossibile, e forse inutile, enumerare in questa sede le opere più interessanti in mostra, perché ognuna è un mondo a sé da scoprire, soppesare con attenzione, stupirsi e divertirsi anche a volte. Una in particolare è decisamente unica, alla fine della prima grande e magnifica sala, in cui si racconta della chemise à la reine, una banale e semplice camicetta bianca capace di fare la rivoluzione. A indossarla e a creare un certo scandalo, Maria Antonietta nel dipinto del 1783 di Elisabeth-Louise Vigée Le Brun, ritrattista di corte che al Salon la mostra in una posa molto semplice e amena, intenta a sistemare dei fiori, senza troppi orpelli, ma con indosso un abito bianco di mussolina dalla foggia semplice e i colori schiariti. La sovrana rinuncia allo sfarzo e sceglie uno stile di vita più semplice che sarà disegnato e curato dalla celebre Rose Bertin. Uno stile che rimarrà celebre e verrà copiato da altre regine, principesse e donne di mondo nei secoli successivi. Imperdibile il catalogo pubblicato da Dario Cimorelli Editore, un documento a cui tutti gli appassionati e studiosi di moda dovrebbero trovare un posto speciale nella propria personale libreria. Per informazioni e prenotazioni, 0543/36217, mostraforli@civita.art