Chiara White pubblica il suo secondo album, con ‘Pandora’ affronta i ‘mostri’ che abitano in noi
‘Pandora’ è il secondo disco di Chiara White (Suburban Sky Records). Il disco, registrato al Plastic Sun Studio di Firenze da Guido Melis, è stato anticipato dal singolo ‘Neroseppia’ brano che affronta il mostro della depressione. Sono infatti i mostri i protagonisti di questo nuovo lavoro: un concept album, ispirato al mito di Pandora, in cui ogni canzone trasforma e trasfigura esseri mostruosi dell’immaginario collettivo, afferenti alle più svariate culture (da quella classica, greca, alla nordeuropea), facendone nuovi e moderni simboli. Uno scontro coi propri demoni che, attraverso l’introspezione e la musica, diventa incontro e, quindi, catarsi e liberazione.
“I mostri sono parte di noi, le nostre parti più scomode, spaventate, ribelli. Intrappolate dai condizionamenti sociali o da quelli che noi stessi ci imponiamo” spiega Chiara White, all’anagrafe Chiara Cavallina. “Sono quelle voci, spaventate o arrabbiate, che urlano o bisbigliano… quasi sempre inascoltate (come quel bianco del mio primo disco). Sono il fango che tutti ci portiamo dentro e costantemente cerchiamo di ignorare. Ma il fango è fertile e ci rende vivi, ci rende esseri umani (in moltissime culture la donna e l’uomo nascono proprio dalla terra, dall’argilla). E quelle voci, sono la parte più vera, autentica, di noi. Io ho deciso di dare spazio ai mostri nella mia vita, di provare ad integrarli, perché voglio essere intera… Nietzsche diceva ‘tu ti vuoi creare un Dio dai tuoi sette demoni'”.
Il disco è stato arrangiato insieme ad Elia Rinaldi, elaborando un sound che rinnova le radici acustiche della cantautrice: “Insieme abbiamo ideato una dimensione sonora in cui l’elemento elettronico completa, senza prevaricare, gli strumenti acustici, un “altrove sonoro” che davvero sembra abitato dagli esseri di cui parlo”. Elia Rinaldi è anche musicista nel disco (sue sono le tastiere, il basso synth, la drum machine e alcune chitarre elettriche) insieme a Guido Melis al basso, Giulia Nuti alla viola e Alessandro Alajmo alla chitarra elettrica, già con la White nel primo disco, Omar Cecchi alla batteria, Pietro Horvath al contrabbasso, Marco Monelli (anche illustratore del booklet) al piano. Della White, oltre alle voci, sono: chitarra acustica, ukulele, glockenspiel, alcune chitarre elettriche e alcune tastiere.
Il disco si compone di 9 tracce, 7 mostri più una cornice:
Pandora (title track e incipit del concept) è la donna curiosa e caparbia che, disobbedendo al volere di Zeus (un Dio maschile) apre il vaso e fa uscire i mostri. Inizia così un viaggio di discesa agli inferi, che è sempre in realtà una discesa in sé (“Ho scoperchiato il vaso di Pandora ed ho trovato me”).
Il Minotauro, Dedalo, imprigionato in un labirinto di ruoli opposti che non gli appartengono, una Arianna senza il filo, persa al centro del suo labirinto;
Il Kraken, Neroseppia, la depressione, l’inchiostro nero che copre i colori, i tentacoli che paralizzano;
Il Girotondo del tempo, la giostra che non rallenta e non si ferma, la frenesia dell’oggi, così distante da quelle sere d’estate in cui si guardavano le stelle e si reinventavano i miti;
Il Ciclope, Il Mio nome non è Nessuno, la visione maschilistica, imponente ma monoculare, della società e dell’amore;
Il fango in cui tutto trasforma l’insoddisfazione e l’indecisione della Regina Mida… ma il fango è fertile;
Il Babau, Valse à la nuit, il mostro nell’armadio, la paura del buio, della notte, della paura stessa;
Il mostro di Loch Ness, quel magico e romantico in cui non si crede più, ma è bello ogni tanto illudersi ancora.
E sul fondo del vaso un nuovo Eden, in cui Pandora/Eva rinomina il mondo, ricostruendo la realtà a sua immagine e somiglianza, assieme ad un Adamo suo pari… due Dei… nati dai mostri.
Photo credit: Carlotta Nucci