INTERVISTA/ I ‘Guappecartò’ dalla strada ai palcoscenici europei
(di Daniele Rossignoli) Da artisti di strada ai concerti in giro per l’Europa. Di strada i Guappecartò ne hanno fatta anche se, ammettono, molta ne devono ancora fare. I cinque componenti del gruppo (due campani, un pugliese, un lucano e un friulano) hanno tutti delle storie personali diverse ma un’unica provenienza: la strada appunto. A farli conoscere e poi decidere di mettersi assieme, casualmente a Perugia, è stata una donna: “Medeleine Fischer, attrice degli anni ’50 e ’60, che aveva scritto una fiaba musicale e che noi -spiegano- abbiamo contribuito, assieme ad altri, a farne un film”.
“La strada -sottolineano- per chi vuole fare musica è fondamentale, ti obbliga non solo a suonare bene, ma anche a saperti presentare perchè, chi si ferma ad ascoltarti, non paga nessun biglietto ma lo fa solo per il piacere di dedicarti qualche minuto del suo tempo. La strada, grazie ai soldi raccolti di volta in volta in un cappello, ci ha permesso di viaggiare molto, di conoscere un sacco di gente. E poi -aggiungono- la gavetta è fondamentale, è quella che ti consente di arrivare a dei risultati concreti. Certo, noi di strada ne dobbiamo ancora fare tanta e ci piacerebbe, un giorno, che la nostra musica fosse identificata come un genere: il genere Guappecartò“.
Una musica che si ispira, in parte, agli anni ’20, al periodo del tango, con l’uso di fisarmoniche e violini, ma anche di molta elettronica. Quasi un mix tra rock e milonga. Il tutto è ben rappresentato nel loro ultimo lavoro ‘Sambol – Amore Migrante’. “Anche per la storia di questo disco c’è di mezzo una donna -raccontano- Mirjam Sambol. Alla fine di un nostro concerto ci è venuta a trovare e ci ha chiesto se potevamo far rivivere i brani del padre, Vladimir Sambol, attraverso gli scritti e le note che le aveva lasciato dopo la sua morte. Si trattava di parecchio materiale, che Mirjam Sambol voleva cedere volentieri a chi fosse disposto ad utilizzarlo per portare avanti il lavoro del padre”. Vladimir Sambol era stato un compositore degli anni ’30, nato a Fiume ed emigrato in Svezia al termine della Seconda Guerra Mondiale.
“Abbiamo accettato molto volentieri -spiegano- e ognuno di noi ha scelto un brano arrangiandolo a modo suo. Dopo più di due anni di lavoro abbiamo realizzato questo album, ‘Amore Migrante’, che parla sì di migrazione, ma in un senso particolare. L’album, in un periodo in cui si parla molto di migrazione, è inteso come un qualcosa di diverso. Noi ci esprimiamo solo attraverso la musica, senza testi. Spesso abbiamo trovato delle difficoltà ad essere accettati come musicisti proprio perchè, secondo alcuni, ‘non avevamo nulla da dire’. Il nostro linguaggio però è universale e abbiamo deciso di parlare di migrazione attraverso l’amore, l’amore che una figlia ha verso il padre. Un testimone che viene passato a noi, da una figlia di un musicista che ha fatto musica senza essere compreso, ma che ha lasciato una enorme eredità”.
Dal 2005 i Guappecartò si sono trasferiti a Parigi.”Ci siamo arrivati, anche lì, per caso e poi abbiamo deciso di rimanerci perchè c’era un ambiente culturale molto stimolante, una pluralità di linguaggi musicali mai vista prima e che ha permesso di arricchirci”. Nel 2009 i Guappecartò pubblicano il loro primo album, ‘Lamour c’est pas grave’, registrato tra Milano e Parigi e nel 2012 l’album ‘Guappecartò’ al quale segue, nel 2015 ‘Amay’, realizzato assieme alla cantautrice Neripè e nel quale è presente anche Mauro Pagani con il suo violino nel brano ‘Un fiore nascosto’. Lo stesso anno esce ‘Rockamboles’, colonna sonora del film ‘Gatta Cenerentola’.